14 febbraio 2025

La partita di calcio...

Vosseberg è un toponimo, dal tedesco, montagna di Vosse.
Si pronuncia Fosseberg.
L'intera regione in cui ero è piatta e le uniche montagne esistenti sono i piccoli cumuli di terra che costruiscono le talpe.
Chi o cosa sia Vosse, lo ignoro.
Vosseberg è una piccola area, nemmeno una borgata, della cittadina tedesca di Papenburg, che alcuni italiani storpiano in Papenburgo, e che io scherzando a volte chiamo Paperopoli.

Siamo nel Laender meno sviluppato della Germania, la Bassa Sassonia, Niedersachsen.
Terra assolutamente piatta, che in Germania è Ostfriesland e ha prodotto torba e che appena una decina di chilometri a ovest, in Olanda, è Friisland, Frisia, e ha invece prodotto gas.

L'Ostrfriesland ha tuttora in molti luoghi cave di torba e reti di canali costruiti cavando torba, entro cui navigavano panciute imbarcazioni che trasportavano la torba al fiume Ems e da esso al Mare del Nord.
Avendo in sospensione particelle di torba, l'acqua di quei canali ha il colore bruno scuro del caffè, pur essendo limpida.

Friesland è la Frisia, regione geografica, che ha dato il nome al "cavallo di Frisia", un ostacolo che una volta veniva usato in guerra per ostacolare la cavalleria.
Nel Mare del Nord, al largo della Frisia e spesso da essa visibili a occhio nudo, sono sistemate le isole Frisone, che hanno dato il nome a una razza di vacche da latte.
Tutto è legato.

La principale attività economica della zona di Papenburg ora è la cantieristica navale, con tutto un indotto: vi ha sede un moderno cantiere che è fra i principali agenti mondiali nel settore.

L'altra attività è l'agricoltura, con immensi prati interrotti da siepi e filari alberati intorno ai centri abitati e la viabilità.
Ci sono ovunque vacche al pascolo e in qualche luogo pecore.
E ci sono aziende agricole che coltivano ortaggi e fiori, come fanno gli olandesi solo poco più in là.

In quella zona i collegamenti fra Germania e Olanda sono garantiti da una autostrada e alcune strade statali, che già nell'epoca della mia presenza in quei luoghi praticamente non avevano controlli di frontiera, che era e tuttora è segnalata da cartelli stradali.
Da quelle parti c'è sempre una pattuglia di Polizia in giro, questa o l'altra, ma raramente ferma qualcuno, a meno che non sia necessario.
Credo che praticamente ogni strada di campo che va verso ovest porti in Olanda: lo affermo perché ne ho percorse molte con la bicicletta durante le domenica mattina e mi sono sempre trovato in Olanda.
Non che la cosa mi dispiacesse, peraltro.

Essendo divise dal nulla, Ostfriesland e Friisland si assomigliano.
Le case sono in entrambe le regioni in mattoni di cotto e spesso hanno ordinati giardini con prati rasati, ma mentre in Germania qualche volta non hanno una recinzione, anche se bassa, in Olanda non l'hanno quasi mai.
In Olanda ci sono piste ciclabili ovunque e ben separate dalle strade, mentre spesso in Germania le piste ciclabili affiancano le strade.
Spesso in Olanda le case espongono una bandiera nazionale e in Germania quasi mai.
Gli olandesi acquistano in notevole quantità anche auto di produzione italiana, francese o spagnola, mentre in Germania vi è la prevalenza delle automobili di produzione tedesca, con molte giapponesi.
Stesso clima, simile viabilità.
Che sia la conseguenza degli stereotipi?

In ossequio a quanto ha scritto Orwell ne La Fattoria degli animali, "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri", mentre a causa di certe norme europee gli allevatori italiani hanno da tanti anni costruito sale per la mungitura, con le pareti piastrellate che danno alla stalla l’aspetto di una sala operatoria, gli allevatori di Papenburg ancora mungevano le vacche in mezzo al campo e i bidoni contenenti il latte attendevano pazienti lungo la strada il passaggio del camion della raccolta.
A Papenburg, le vacche erano bianche a macchie nere, come quelle dei cartoni animati.

Mi aveva mandato a Papenburg la ditta per la quale lavoravo, specializzata nella costruzione e installazione di attrezzature per cucina e bar adatte all'impiego navale.
Credo che in quegli anni fossero 5 al mondo le aziende specializzate in questo tipo di interventi.

C'erano dei contratti da rispettare e eseguire, c’era del personale da seguire, c'erano problemi da risolvere e avevano mandato me, che conoscevo l'inglese a sufficienza.
Sul posto ho ovviamente cominciato a imparare il tedesco, "sul campo".
I tedeschi che lavoravano presso il cantiere, dipendenti di esso e anche dipendenti di ditte terze, ci osservavano con curiosità, ma presto hanno capito che non eravamo lì a rubare il lavoro a qualcuno né eravamo migranti economici, ma lavoratori distaccati.
E che anche se non "apprezzavano" molto le nostre tipiche gestualità e vocalità, hanno presto capito che lavoravamo dannatamente bene e che eravamo puntuali rispetto alla progressione delle installazioni.
Noi lavoravamo tanto bene che c'era chi veniva a osservarci per imparare come si potevano eseguire certe saldature.
Ci dovevamo chiudere dentro...

All’epoca, a Papenburg, si trattava di allestire 2 navi da crociera gemelle, che in concorso con altre ditte che si occupavano di altre cose avremmo dovuto allestire in successione.
Inizialmente il personale era fornito da una ditta siciliana, che era sempre in ritardo nel pagamento di stipendi e spese.
Così, per la seconda nave chiesi, e ottenni, che parte di quel personale fosse assunto, indicando chi e perché, risolvendo così molte problematiche e anche riducendo il numero degli addetti.

Ogni giorno entravo in cantiere a piedi, dopo avere parcheggiato nell’area destinata ai fornitori l'auto che l'azienda mi aveva assegnato.
Ogni volta che mi vedeva passare e lui era in garitta, uno degli addetti al servizio di guardiania mi ripeteva "FIAT: Fehler In Aller Teilen!".
FIAT: difetti in tutti i pezzi.
Lo strano è che lui aveva una auto uguale a quella che avevo io, solamente la "mia" aveva il motore diesel.
Un evidente caso di auto-pregiudizio, sotto tutti i punti di vista.

Un'altra "formalità" era il saluto di Peter, uno dei funzionari del magazzino centrale del cantiere, che se mi vedeva arrivare si sporgeva da una finestra del primo piano degli uffici del magazzino e mi salutava: "Fabio! Mafioso!"
E non la smetteva fino a quando, in genere subito, non riceveva il mio "Ma va in mona!".
Lui urlava a me e io urlavo a lui: chiunque e ognuno ci sentiva.
Peter era un amico della nostra azienda, che visitava qualche volta per verificare se fossero bugie le assicurazioni che riceveva telefonicamente in merito alla puntuale disponibilità di ciò che faceva parte della fornitura.
Peter conosceva il significato del mio saluto in sè e anche quello esatto della sua quarta parola.
In buona sostanza, ci prendevamo in giro a vicenda, e andava bene così.

Di solito prendevo in affitto un mini-appartamento.
Pur obbligandomi a eseguire pulizie e piccole manutenzioni, ciò mi rendeva indipendente da orari e luoghi e mi separava dal personale nel tempo libero.
Quando invece non disponevo di un appartamento, per non averlo trovato o altri motivi, allora vivevo alla "Gasthaus Am Vosseberg", pensione alla montagna di Vosse, che ospitava sempre lavoratori di passaggio e fornitori del cantiere navale.

Per ogni nave viene il momento di eseguire i collegamenti elettrici e idraulici dei manufatti e per noi provvedeva una ditta triestina, che ancora oggi esiste ed è nota per organizzazione, precisione e qualità.
Anche loro si sistemavano "Am Vosseberg".
Una nave di quelle dimensioni mi tratteneva presso il cantiere 7 o 8 mesi, a lotti di 75 o 90 giorni.

La pensione "Am Vosseberg" era gestita da tale Rosemarie, che per tutti era Rosi, che mandava avanti la baracca facendosi aiutare da due altre donne per pulizie, cucina e servizio in sala e al bar.
Il marito di Rosi lavorava in una fabbrica, la figlia si stava diplomando e il figlio andava alle scuole elementari.

Alla sera alcuni uomini del circondario venivano al bar, ogni tanto qualche gruppo locale veniva per cenare.
Il resto degli avventori erano ospiti della pensione.

Due olandesi erano clienti abituali, che trascorrevano lì periodi di una o due settimane, dieci giorni, costruendo serre per i coltivatori locali.
Uno era il capo e l'altro il suo dipendente.
Entrambi erano pieni di tatuaggi e di cicatrici.
Le cicatrici erano conseguenza delle loro cadute sui vetri delle serre durante il montaggio delle stesse.
I due erano spassosissimi e dialogavano con i locali in dialetto frisone.
Il capo era Harry, e aveva più tatuaggi dell'altro.
Harry aveva persino tatuato il nome all'interno del labbro inferiore.
Una volta chiesi a Harry come mai lavorasse così spesso in Germania e lui semplicemente ammise che era per motivi fiscali: in sostanza per il fisco olandese era più difficile avere contezza delle sue entrate se parte di esse non fosse risultato ufficialmente.
Lapalissiano.

Fra i miei appaltatori e me correva, e corre ancora, molta simpatia e non disdegnavo di passare del tempo con loro, un po' per la loro cadenza triestina, che mi è consueta per motivi famigliari, un po' per essere "allineati" in altre cose.
Oltre a lavorare insieme, pur con ruoli diversi, passavamo anche le serate, o il dopo-cena, insieme.
Questo a prescindere dal fatto che io fossi ospite della pensione o semplicemente un avventore del ristorante.

Harry era amico del famoso calciatore olandese Johan Crujff, che lui coinvolgeva in partite di calcio per beneficenza di una squadra da lui creata che si chiamava "Harry's Boys", i ragazzi di Harry.
Tale impegno riusciva a volte a occupare completamente il suo tempo libero.

Non so quanto ciò rispondesse al vero, ma Harry diceva di poter chiamare Crujff in qualunque momento del giorno e della notte e che il campione avrebbe mollato tutto per raggiungerlo.
Come è, come non è, abituato a interlocutori increduli, Harry aveva sempre a portata di mano fotografie in cui la sua famigliarità con Crujff era esplicita e evidente: Harry non era un millantatore.

Una volta Harry ci propose di andare con lui una sera a Winschoten, in un posto che noi non conoscevamo.
Winschoten è un paesotto, come diremmo qui "appena dentro" l'Olanda.
Non avevamo capito bene quando, e perchè.
Ma ci fidavamo di Harry.
La data fatidica si rivelò essere il 23 Aprile.
Quella sera, al nostro ritorno, Rosi ci disse che Harry ci aspettava prima del buio nella piazza del mercato di Winschoten e che lei avrebbe accelerato la cena per noi.
Rosi desiderava solo sapere se andavamo via tutti o se restava qualcuno, per potersi a sua volta regolare con la preparazione della cena e del servizio.
Ero già passato per Winschoten, ma non mi ci ero mai fermato.
Trovare la piazza del mercato era facile: c'era la chiesa nel mezzo e il campanile era visibile da ogni direzione uno venisse.
In due auto ci stavamo tutti e in una decina di minuti saremmo arrivati, come in effetti accadde.

Harry ci aspettava.
Indicò un locale: "Bar Cabaret".
Entriamo e dentro ci sono quasi solo uomini, quasi tutti i presenti indossavano maglie, sciarpe o berretti bianco-rossi.
Erano i colori dell'Ajax, squadra di calcio della massima serie olandese.
Eravamo finiti dentro al locale Ajax Club.
E quella sera al torinese Stadio delle Alpi si sarebbe giocata la semifinale di Coppa UEFA fra Juventus e Ajax.
Il calcio è meno dell'ultimo dei miei interessi, ma so come vanno a finire certe cose...

"Fioi, rece base se volen tornar casa".
Letteralmente: ragazzi, orecchie basse se vogliamo tornare a casa.
Ragazzi, molta cautela se vogliamo tornare a casa.
"Qua i ne fa neri".
Traduzione pleonastica: qui ci fanno neri.

Harry si è già mescolato fra la massa dei tifosi.
Immagino li conoscesse in quanto lui stesso tifoso dell'Ajax e per avere costruito o riparato la serra di qualcuno di loro, se non era proprio cittadino di Winschoten.
Ma se Harry fosse stato cittadino di Winschoten, perché mai avrebbe dovuto pernottare da Rosi?
Il quesito non avrà mai risposta.
Nel bar c'erano anche alcune donne, 4 o 5, anche loro con addosso qualcosa dei colori dell'Ajax, tranquillamente "mescolate" fra gli uomini.
Cerchiamo di ordinare da bere.
Il barista, in italiano: "Io Johan, io Giovanni. E noi amici".
Il tipo aveva il dono di leggere il pensiero...

Johan prepara le birre e ne fa portare alcune al tavolo in cui eravamo seduti.
Nè la cameriera, nè lui accettano denaro.
Ok, forse il primo giro lo ha pagato Harry.
La partita sta per iniziare, alcuni dei presenti sono già "allegro andante".
Silenzio assoluto per gli inni, tutti in piedi.
Coro assordante per l'inno olandese: una bolgia.
Poi comincia la partita.

Per prudenza noi ce ne stavamo buoni, quasi nascosti sotto il tavolo.
Johan spinava birra che sembrava una macchina: aveva pronte pile di bicchieri infilati uno nell'altro, riempito uno sotto un altro.
Chiamo un altro giro di birre, ce le portano e anche questa volta non possiamo pagare.
Chiedo a Harry, che mi dice che siamo ospiti… e agli ospiti non è permesso pagare.
Tombola!
Magari adesso ci vogliono ubriacare e noi finiamo nei guai...

Dopo circa una mezzora, ufficialmente al 34° minuto, la Juventus segna il goal di 1-0.
Qualche secondo dopo entra nel bar il garzone della vicina pizzeria "Costa Smeralda", che consegna una pizza enorme con disegnato 1-0 con le olive.
Urlo disumano dei presenti...
Un affronto o lo scherzo di un esercente vicino?
Il nostro desiderio era sparire.

Arriva un altro giro di birre e allora dico agli altri italiani di starci attenti, perché stasera il limite è la capienza.
Tutti mi fanno il cenno di avere capito.
Dopo 3 minuti dal primo goal, tale Vieri segna il secondo.
Se il primo urlo era spaventoso, il secondo ancora riecheggia.

Ricompare il garzone della pizzeria: questa volta sulla pizza è disegnato 2-0.
Goliardia fra colleghi esercenti al massimo livello.
Finisce il primo tempo e la situazione si tranquillizza un attimo: i tifosi olandesi prendono fiato, perché il tifo che fanno è molto energico.
Il flusso di birra non si ferma un attimo e la cameriera ha il suo da fare.
Johan deve avere intuito che per l'Ajax non è serata e fa abbassare a zero il volume dello schermo.
Comincia quindi il secondo tempo e il volume rimane a zero.
Al 79° minuto la Juve segna il terzo goal.
Allora Johan fa spegnere la TV: la partita è andata e per loro, tifosi della squadra che sta perdendo, non ha senso occuparsene oltre.
Arriva una altra pizza.
Ma ormai anche alla pizza non fa più caso nessuno.
Chi canta l'inno dell'Ajax, chi è sconsolato perché la squadra del cuore viene eliminata, chi in fondo non gliene importa nulla, Johan che spina birra...
Adesso sembra quasi una serata qualsiasi di un fine settimana qualsiasi in una bettola qualsiasi di un paese qualsiasi.

La partita finisce 4-1 per la Juventus.
Ai limiti di codice, nessuno fra i presenti si sarebbe potuto mettere alla guida di qualsiasi tipo di veicolo.
Mi immagino che la maggior parte dei tifosi presenti avrebbe potuto andare a casa a piedi, tutto sommato noncurante di quanto poteva avere bevuto.
Harry passa per una colletta con un berretto dell'Ajax, dice una cosa nell'idioma locale, che nessuno di noi conosce.
Anche Harry era "carico", perché con noi di solito fa del suo meglio per farsi capire in inglese.
Ognuno contribuisce alla colletta secondo il proprio desiderio e anche noi non ci tiriamo indietro: marchi, fiorini, andava bene tutto.

Dopo un po' arriva una giovane donna, che sale in piedi sul banco e inizia a spogliarsi, alla musica dello stereo che qualcuno aveva acceso nel frattempo.
Le poche donne presenti se ne erano andate senza che noi ce ne accorgessimo...
Credo che la colletta di Harry servisse a pagare il "servizio" della signora.
La quale dopo un po' è sparita nel retrobottega in braccio a Johan.
Molto probabilmente la colletta ha pagato anche ciò che intuiamo.

Noi ci guardiamo in faccia e decidiamo di andare via.
Usciamo senza salutare, e non se ne accorge nessuno.
Ci guardiamo in faccia silenziosi vicino alle auto, capiamo che se non ci fermano per strada e noi guidiamo con estrema prudenza ce la possiamo fare.
Torniamo alla pensione di Rosi.

Il giorno seguente nessuno accenna a nulla.
Alla sera, nemmeno Harry dice nulla.
E' come se la serata di quel 23 Aprile non fosse mai accaduta.
Una serata pazza, che se la racconti non ci credono.
In questo momento, un piccolo albergo ha preso il posto del Bar Cabaret e la pizzeria Costa Smeralda è sostituita da un ristorante italiano.

La pensione "Am Vosseberg" è stata abbattuta e l'intero vicinato è stato inserito in una nuova urbanizzazione.
Sono stato in quei luoghi 3 anni fa e non vi ho riconosciuto nulla.
Non ho contatti con Harry, nè con Rosi.
Non credo riuscirei a riconoscere Harry, a meno di potere leggere il suo nome tatuato all'interno del labbro inferiore.